Δευτέρα 27 Αυγούστου 2018

Doina Bumbea


Guido Olimpio,  “Rapita dalla Nord Corea, diventa spia del regime: la storia di Doina Bumbea”, Corriere della sera 6/8/2017.

La ragazza romena, vissuta per anni in Italia e morta a metà degli anni ‘90, è una delle centinaia di donne straniere sequestrate da Pyongyang e costrette a collaborare. Come quelle coinvolte nell’assassinio di Kim Jong Nam, fratellastro del leader nordcoreano

WASHINGTON – L’agguato contro Kim Jong nam, il fratellastro del leader nord coreano eliminato con una sostanza tossica a Kuala Lumpur, è un “pezzo” di guerra di spie. Ancora da decifrare nella sua interezza, ma che sembra confermare la tradizione degli 007 di Pyongyang. Pazienti quanto tenaci, con piani a lungo termine. Mosse che ritroviamo in un’altra storia del passato, con una donna nel ruolo di vittima: Doina Bumbea, vissuta in Italia, deceduta a metà degli anni ’90 in Corea del Nord dopo una vita di svolte, cadute, speranze. Vicenda purtroppo comune a quella di centinaia di straniere inghiottite dal regime di ferro. Quanto segue è stato ricostruito da una nostra inchiesta e dal lavoro, svolto nel periodo 2006-2007, da Claudia Tripiciano con due media giapponesi, Fuji Tv e Tv Asahi.

Incontri (e viaggi) misteriosi, poi la scomparsa
Doina nasce in Romania, il padre ufficiale, la mamma casalinga. E’ una bella ragazza, le piace l’arte, sogna chissà quale futuro. Invece le cose si non mettono per il verso giusto o comunque la sua strada non è facile. Conosce un italiano di Bologna, Gilberto B., lo segue nel nostro paese e dopo qualche tempo si sposano. La relazione non dura, divorziano. La ragazza si trasferisce a Roma in cerca di opportunità, lavoro e successo. Frequenta la scuola di Belle Arti ed entra in un’associazione fondata e guidata Sergio F., campione sportivo con la passione per la pittura. Facile per Doina trovare punti in comune, così come scoprire nuove amicizie. Nella capitale incontra, nel 1977, un ingegnere – ne omettiamo l’identità -, con la quale passa molto tempo libero e trascorre vacanze in luoghi rinomati, una relazione tra alti e bassi. Arduo definirla dopo tanti anni, le descrizioni di chi sa non sono probanti. Anche perché la romena in apparenza trova un nuovo compagno, un dj americano che lavora in discoteche famose, dal Maìs al prestigioso Jackie’O. Doina non rinuncia a nulla, assorbe che tutto ciò che passa, non ha o non vuole avere stabilità. Lascia lo statunitense per unirsi a Rodolfo F., altro “animale notturno”, con lunghe serate nei night. Dettagli sfocati, accompagnati da voci incontrollabili. Attorno al Natale del ’78, l’ingegnere riceve una telefonata da Doina, si scambiano gli auguri. Sembra una traccia certa insieme a quella – meno definita – di un viaggio imminente che la donna deve fare. Alla famiglia comunica che andrà in Oriente, a Tokio, perché un italiano – il misterioso Rodolfo? – le ha proposto di partecipare ad una mostra di pittura. Il dato “Giappone” è confermato anche da Sergio, il campione-pittore: sì, mi ha chiamato da Tokio per dirmi che la città era molto interessante e che tutto andava per il meglio. Poi, nelle settimane a seguire, una notizia drammatica. Entrambe le fonti, con qualche discrepanza, sostengono che qualcuno ha comunicato loro l’improvviso decesso della romena. “Ha avuto un terribile incidente stradale, è stata decapitata nello schianto della vettura”, è la tesi. Le indagini dei media nipponici si arenano perché gli “informati” prendono tempo, sono vaghi o pongono condizioni inaccettabili. Ma davvero l’esistenza della giovane romena è stata spazzata via da un incidente? Ed è esistito l’ambiguo Rodolfo, definito da qualcuno “confidente” della polizia? O si tratta di una figura estranea? Oppure è un depistaggio? Più solida - anche probabilmente “aggiustata” - una seconda testimonianza, emersa solo in seguito.

Il disertore americano, un marito «forzato»
Charles Jenkins è un militare americano che è scappato insieme ad altri commilitoni in Corea del Nord. Un transfuga, un disertore. In un libro di memorie rivela di aver incontrato Doina nel 1981 e fornisce dettagli sulla sua vita, alcuni dei quali combaciano con quanto abbiamo scritto, altri paiono versioni di comodo per nascondere verità. Charles aggiunge un’indicazione sul misterioso mister X. La donna ha conosciuto un mercante d’arte – scrive – che le propone una sorta di tournee in Asia. Solo che Doina non ha un passaporto valido e lui le fornisce un documento nord coreano. La loro meta è Hong Kong, ma per arrivarci transitano con un giro tortuoso (e strano) prima da Mosca e poi da Pyongyang. E’ qui che la polizia ferma la romena perché il suo passaporto – le dicono – è falso. Finisce in prigione per spionaggio ed ha solo un modo per redimersi: cooperare. Doina diventa la moglie di un altro soldato statunitense, Joseph Dresnok, scappato nel 1962. Il suo “lavoro” è simile a quello di decine di ragazze sequestrate dai nord coreani, specie nel Sud e in Giappone. Non mancano però “prede” catturate in Medio Oriente e in Europa, tra queste l’ipotesi che vi siano delle italiane e delle olandesi. Una libanese svelerà un particolare. Dopo essere stata un’ospite forzata della Corea del Nord, senza alcuna possibilità di lasciare il paese, le permettono di fare alcuni viaggi – vegliata da 007 – che ha sempre una sola meta: Milano. Una scelta che potrebbe far pensare ad una base sicura nel nord della penisola. Comunque tutto parte di un “meccanismo” che funziona da anni. Il regime utilizza spesso le rapite per addestrare i propri agenti a “usi e costumi” dei rispettivi paesi. Alla romena tocca il ruolo di moglie, lo interpreta fino in fondo. Con Dresnok ha due figli, Ted e James Gabriel. Un rapporto che dura finché la morte non li separerà. Un cancro porta via Doina nel gennaio 1997, all’età di 47 anni. Il marito spirerà nel 2016. L’odissea della pittrice emerge grazie ad un documentario della Bbc dedicato ai disertori americani dove compare Dresnok. Tracciando il suo profilo parla di una moglie dell’Est e di un figlio di nome Gabriel. I familiari di Doina lo vedono e sospettano di aver finalmente trovato la chiave del mistero. Hanno ragione. I fatti successivi confermano tutto. Nel maggio 2016 il “romanzo” si arricchisce di un altro capitolo. Ted e James Gabriel Dresnok rilasciano un’intervista dove difendono la scelta del padre – “ha fatto la cosa giusta” -, invitano gli Usa a cambiare politica verso la Corea del Nord, spiegano come siano riusciti a trovare la loro strada nonostante le origini. Ostentano fierezza e patriottismo. Uno è funzionario del partito, l’altro ufficiale dell’esercito. Due stelle della propaganda di Kim create con una pratica brutale.

Le coincidenze
Ora torniamo all’uccisione di Kim Jong nam. Le ragazze coinvolte nel delitto hanno sostenuto di essere state reclutate dai nord coreani con la promessa di viaggi e una nuova vita nello spettacolo. Erano convinte – è la loro tesi – di partecipare ad uno show tipo Scherzi a parte. Schema e metodi che ricordano la trappola tesa a Doina, attirata in Oriente con la scusa di una mostra e mai più tornata.

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