Guido Olimpio, “Rapita dalla Nord
Corea, diventa spia del regime: la storia di Doina Bumbea”, Corriere della sera 6/8/2017.
La ragazza romena, vissuta per anni in Italia e
morta a metà degli anni ‘90, è una delle centinaia di donne straniere
sequestrate da Pyongyang e costrette a collaborare. Come quelle coinvolte
nell’assassinio di Kim Jong Nam, fratellastro del leader nordcoreano
WASHINGTON – L’agguato contro
Kim Jong nam, il fratellastro del leader nord coreano eliminato con una
sostanza tossica a Kuala Lumpur, è un “pezzo” di guerra di spie. Ancora da
decifrare nella sua interezza, ma che sembra confermare la tradizione degli 007
di Pyongyang. Pazienti quanto tenaci, con piani a lungo termine. Mosse che
ritroviamo in un’altra storia del passato, con una donna nel ruolo di vittima:
Doina Bumbea, vissuta in Italia, deceduta a metà degli anni ’90 in Corea del
Nord dopo una vita di svolte, cadute, speranze. Vicenda purtroppo comune a
quella di centinaia di straniere inghiottite dal regime di ferro. Quanto segue
è stato ricostruito da una nostra inchiesta e dal lavoro, svolto nel periodo
2006-2007, da Claudia Tripiciano con due media giapponesi, Fuji Tv e Tv Asahi.
Incontri (e
viaggi) misteriosi, poi la scomparsa
Doina nasce in Romania, il
padre ufficiale, la mamma casalinga. E’ una bella ragazza, le piace l’arte,
sogna chissà quale futuro. Invece le cose si non mettono per il verso giusto o
comunque la sua strada non è facile. Conosce un italiano di Bologna, Gilberto
B., lo segue nel nostro paese e dopo qualche tempo si sposano. La relazione non
dura, divorziano. La ragazza si trasferisce a Roma in cerca di opportunità,
lavoro e successo. Frequenta la scuola di Belle Arti ed entra in
un’associazione fondata e guidata Sergio F., campione sportivo con la passione
per la pittura. Facile per Doina trovare punti in comune, così come scoprire
nuove amicizie. Nella capitale incontra, nel 1977, un ingegnere – ne omettiamo
l’identità -, con la quale passa molto tempo libero e trascorre vacanze in
luoghi rinomati, una relazione tra alti e bassi. Arduo definirla dopo tanti
anni, le descrizioni di chi sa non sono probanti. Anche perché la romena in apparenza
trova un nuovo compagno, un dj americano che lavora in discoteche famose, dal
Maìs al prestigioso Jackie’O. Doina non rinuncia a nulla, assorbe che tutto ciò
che passa, non ha o non vuole avere stabilità. Lascia lo statunitense per
unirsi a Rodolfo F., altro “animale notturno”, con lunghe serate nei night.
Dettagli sfocati, accompagnati da voci incontrollabili. Attorno al Natale del
’78, l’ingegnere riceve una telefonata da Doina, si scambiano gli auguri.
Sembra una traccia certa insieme a quella – meno definita – di un viaggio
imminente che la donna deve fare. Alla famiglia comunica che andrà in Oriente,
a Tokio, perché un italiano – il misterioso Rodolfo? – le ha proposto di
partecipare ad una mostra di pittura. Il dato “Giappone” è confermato anche da
Sergio, il campione-pittore: sì, mi ha chiamato da Tokio per dirmi che la città
era molto interessante e che tutto andava per il meglio. Poi, nelle settimane a
seguire, una notizia drammatica. Entrambe le fonti, con qualche discrepanza,
sostengono che qualcuno ha comunicato loro l’improvviso decesso della romena.
“Ha avuto un terribile incidente stradale, è stata decapitata nello schianto
della vettura”, è la tesi. Le indagini dei media nipponici si arenano perché
gli “informati” prendono tempo, sono vaghi o pongono condizioni inaccettabili.
Ma davvero l’esistenza della giovane romena è stata spazzata via da un
incidente? Ed è esistito l’ambiguo Rodolfo, definito da qualcuno “confidente”
della polizia? O si tratta di una figura estranea? Oppure è un depistaggio? Più
solida - anche probabilmente “aggiustata” - una seconda testimonianza, emersa
solo in seguito.
Il disertore
americano, un marito «forzato»
Charles Jenkins è un militare
americano che è scappato insieme ad altri commilitoni in Corea del Nord. Un transfuga,
un disertore. In un libro di memorie rivela di aver incontrato Doina nel 1981 e
fornisce dettagli sulla sua vita, alcuni dei quali combaciano con quanto
abbiamo scritto, altri paiono versioni di comodo per nascondere verità. Charles
aggiunge un’indicazione sul misterioso mister X. La donna ha conosciuto un
mercante d’arte – scrive – che le propone una sorta di tournee in Asia. Solo
che Doina non ha un passaporto valido e lui le fornisce un documento nord
coreano. La loro meta è Hong Kong, ma per arrivarci transitano con un giro
tortuoso (e strano) prima da Mosca e poi da Pyongyang. E’ qui che la polizia
ferma la romena perché il suo passaporto – le dicono – è falso. Finisce in
prigione per spionaggio ed ha solo un modo per redimersi: cooperare. Doina
diventa la moglie di un altro soldato statunitense, Joseph Dresnok, scappato
nel 1962. Il suo “lavoro” è simile a quello di decine di ragazze sequestrate
dai nord coreani, specie nel Sud e in Giappone. Non mancano però “prede”
catturate in Medio Oriente e in Europa, tra queste l’ipotesi che vi siano delle
italiane e delle olandesi. Una libanese svelerà un particolare. Dopo essere
stata un’ospite forzata della Corea del Nord, senza alcuna possibilità di
lasciare il paese, le permettono di fare alcuni viaggi – vegliata da 007 – che
ha sempre una sola meta: Milano. Una scelta che potrebbe far pensare ad una
base sicura nel nord della penisola. Comunque tutto parte di un “meccanismo”
che funziona da anni. Il regime utilizza spesso le rapite per addestrare i propri
agenti a “usi e costumi” dei rispettivi paesi. Alla romena tocca il ruolo di
moglie, lo interpreta fino in fondo. Con Dresnok ha due figli, Ted e James
Gabriel. Un rapporto che dura finché la morte non li separerà. Un cancro porta
via Doina nel gennaio 1997, all’età di 47 anni. Il marito spirerà nel 2016.
L’odissea della pittrice emerge grazie ad un documentario della Bbc dedicato ai
disertori americani dove compare Dresnok. Tracciando il suo profilo parla di
una moglie dell’Est e di un figlio di nome Gabriel. I familiari di Doina lo
vedono e sospettano di aver finalmente trovato la chiave del mistero. Hanno
ragione. I fatti successivi confermano tutto. Nel maggio 2016 il “romanzo” si
arricchisce di un altro capitolo. Ted e James Gabriel Dresnok rilasciano
un’intervista dove difendono la scelta del padre – “ha fatto la cosa giusta” -,
invitano gli Usa a cambiare politica verso la Corea del Nord, spiegano come
siano riusciti a trovare la loro strada nonostante le origini. Ostentano
fierezza e patriottismo. Uno è funzionario del partito, l’altro ufficiale
dell’esercito. Due stelle della propaganda di Kim create con una pratica
brutale.
Le
coincidenze
Ora torniamo all’uccisione di
Kim Jong nam. Le ragazze coinvolte nel delitto hanno sostenuto di essere state
reclutate dai nord coreani con la promessa di viaggi e una nuova vita nello
spettacolo. Erano convinte – è la loro tesi – di partecipare ad uno show tipo
Scherzi a parte. Schema e metodi che ricordano la trappola tesa a Doina,
attirata in Oriente con la scusa di una mostra e mai più tornata.
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